Descrizione
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Entriamo nella macchina del tempo e trasferiamoci nel 1686, nel piccolo e accogliente borgo del Cilento, Vatolla, e in particolare nel castello del barone Domenico Rocca. Nel piazzale antistante l’edificio del castello, all’ombra degli ulivi, incontriamo Giambattista Vico, intento a leggere, meditare e quindi a filosofare. Si trova a Vatolla, ospite del barone, per fare il precettore dei suoi tre figli. Lì vi resta dalla fine del 1686 a tutto il 1695, facendo qui il maggior corso degli studi filosofici e la stesura della Scienza Nuova. Vatolla ricorre in alcuni suoi scritti, talvolta con distacco e disaffezione: «aspra Selva solinga arida e mesta» (Affetti di un disperato, 1692), affermazione probabilmente dovuta anche alla delusione per un amore non corrisposto per la giovane discepola Giulia Rocca, figlia del barone; altre volte, invece, scriverà di Vatolla con amore e passione: «bellissimo sito di perfectissima aria, alla quale fu restituito alla salute ed ebbe tutto l’agio di studiare e di gettare le basi della Scienza Nuova» (Autobiografia, 1725).
Questa nuova edizione ripropone il bel volume dedicato al Castello Vichiano di Vatolla, curato da Vincenzo Pepe, che risale a vent’anni fa. Il volume, benché costruito sulla base di magnifiche foto delle sale del palazzo, è preceduto da importanti contributi di studiosi e amici della Fondazione Giambattista Vico.
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Fabio Donato
È da cinquant’anni anni (1967 ad oggi) che il percorso della ricerca di Fabio Donato si svolge su due binari paralleli. Il primo è quello più professionale, tutto dedicato alla storicizzazione dei linguaggi artistici (arti figurative, teatro). Ama definirsi fotoreporter della cultura; lavoro che svolge principalmente a Napoli, ma con viaggi, anche molto lunghi, in ogni angolo del mondo.
Lungo le strade dei linguaggi dell’arte ha avuto l’occasione di sperimentare il proprio, quello della fotografia, con il punto di vista di uno spettatore privilegiato, che gli ha permesso di incontrare artisti come J. Beuys, A. Warhol, J. Beck, H. Nitsch, Eduardo, Svoboda, Shimamoto, e quasi tutti i più importanti operatori delle arti visive internazionali, con un occhio attento al proprio territorio che gli ha permesso di mettere insieme un archivio ricco di circa 400.000 immagini.
Il secondo percorso (quello che definisce “poetico”), si svolge, da sempre, su temi come la sospensione del tempo, la soglia come linea di demarcazione tra spazi, tempi, dimensioni mentali contrapposte. Ed ancora il doppio, il rapporto tra la realtà e la finzione, l’altro da sé. Il tutto attraverso immagini che, partendo da dettagli urbani, divengono territorio di proiezioni
mentali. Tutto ciò come tentativo di provocare “pensiero” in chi legge il suo lavoro, in un tempo dove l’hobby più diffuso dell’umanità pare sia diventato quello di autoritrarsi in ogni luogo e comunicarlo al mondo intero.
Da più di vent’anni è docente di Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Alcune sue opere sono conservate in collezioni museali in: Italia, Messico, Francia, Brasile, Cina.
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